ALCUNI DATI
- Ben l’80% delle specie note di Anfibi, ha dimora nelle foreste
- oltre il 30% delle calamità dal 1960 ad oggi, sono state causate da cambiamenti o eccessi nell’uso del suolo, inclusa la deforestazione
- le foreste contengono oltre metà dello stoccaggio mondiale di carbonio nel suolo e nella vegetazione
RIFLETTERE SULL’IMPORTANZA DELLE FORESTE
La Giornata Internazionale delle Foreste si celebra ogni 21 marzo e rappresenta un momento fondamentale per riflettere sull’importanza delle foreste per il nostro pianeta. Istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2012, la giornata ha l’obiettivo di evidenziare il ruolo fondamentale che le foreste svolgono non solo nella fornitura di legname e prodotti non legnosi (frutti di bosco, funghi, resine, ecc.), ma anche nella fornitura di servizi ecosistemici quali controllo dell’erosione, conservazione della biodiversità, regolazione del clima e nel fornire mezzi di sussistenza a centinaia di milioni di persone.
Il tema della Giornata 2024 è “Forests and Innovation” e pone l’accento sull’essenziale connubio tra conservazione forestale e progresso tecnologico.
UNA SUPERFICIE PARI AL 31% DELLE TERRE EMERSE DEL PIANETA
Attualmente le foreste si estendono su circa 4,1 miliardi di ettari, una superficie pari al 31% delle terre emerse del pianeta. Dal 1990 a oggi la superficie forestale mondiale è diminuita di 178 milioni di ettari, registrando un calo del 4,2%. Esse non sono equamente distribuite in tutto il mondo (FAO e UNEP, 2020) – più della metà (54,1%) delle foreste del mondo si trova in soli cinque Paesi (Brasile, Canada, Cina, Federazione Russa e Stati Uniti d’America).
Frequenza, intensità e durata di incendi, uragani, siccità, gelate e propagazione di patogeni (virus, batteri e funghi) e parassiti (sostanzialmente insetti e ragni), incluse le specie aliene invasive che si spostano al di fuori dei loro habitat naturali, spesso a causa delle attività umane e dei cambiamenti climatici globali, rendono gli ecosistemi forestali ancora più vulnerabili e suscettibili.
LE FORESTE IN ITALIA
L’Italia ospita un’ampia varietà di boschi, diversi tra loro per composizione in specie, struttura, funzione, esigenze ecologiche: dai boschi di latifoglie decidue, tra cui faggete, boschi di cerro, rovere, roverella e farnia, castagneti, ostrieti e carpineti, ai boschi di latifoglie sempreverdi come le leccete o le più rare sugherete, dai boschi di conifere in montagna con larice e cembro, abete rosso e abete bianco, alle pinete di pino silvestre o di pino nero, fino alle pinete mediterranee di pino domestico, pino d’Aleppo e pino marittimo.
DAL SECONDO DOPOGUERRA A OGGI LE FORESTE ITALIANE SONO AUMENTATE COSTANTEMENTE
Passando da 5,6 a 11,1 milioni di ettari, la crescita è avvenuta a spese delle superfici agricole e di terreni naturali e semi-naturali, ed ha subito un’accelerazione negli anni più recenti:
- dal 1985 al 2015 le foreste hanno avuto un incremento pari al 28%, passando da 8,7 a 11,1 milioni di ettari (Inventario Nazionale delle Foreste e del Carbonio, 2020).
- la percentuale di territorio coperta da boschi ha così raggiunto il 37%, valore superiore a quello dei paesi “tradizionalmente” forestali come la Germania e la Svizzera, entrambe al 31%
- alcune di queste tipologie forestali si stanno però riducendo e necessitano di particolare attenzione e tutela
- sono divenuti ad esempio molto frammentati e rari i boschi ripari e igrofili, così come le foreste vetuste e le preziose formazioni forestali di pianura, sempre più compromesse, destrutturate e ridotte in estensione, minacciate dagli incendi, dall’edilizia e dalle infrastrutture.
Sull’integrità di questo patrimonio, di specie e di habitat agiscono una serie di fattori di pressione, soprattutto di origine antropica, che minacciano la ricchezza delle risorse forestali italiane.
LA TRASFORMAZIONE D’USO DI AREE FORESTALI A CAUSA DELL’ESPANSIONE DELLE AREE URBANE E DELLE INFRASTRUTTURE
Le attività forestali non sostenibili e gli incendi sono le principali pressioni segnalate per gli habitat e le specie forestali. Il cambiamento climatico, l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, la diffusione di specie aliene invasive e agli eventi estremi connessi ai cambiamenti climatici sono altri elementi di disturbo di habitat e specie forestali, così come il bracconaggio e la caccia.
L’abbandono di molte aree montane e collinari, visto ancora in tanti contesti come un fenomeno negativo, può permettere l’aumento della naturalità di certe foreste, grazie alla riattivazione di processi naturali di lungo periodo. Questo fenomeno, definito nella letteratura scientifica come rewilding, rappresenta una delle forme più efficaci di nature-based solutions per ripristinare processi ecologici fondamentali e ricostituire ecosistemi funzionanti (Pörtner et al., 2021).
La legge sul ripristino della natura (Nature Restoration Law)
Lo scorso 27 febbraio, il Parlamento Europeo ha approvato la legge sul ripristino della natura, cosiddetta Nature Restoration Law, segnando un passo importante per la protezione e il ripristino degli ecosistemi europei.
La nuova legge ha l’obiettivo di contribuire al conseguimento degli impegni internazionali dell’UE, in particolare quelli indicati nel quadro globale sulla biodiversità delle Nazioni Unite di Kunming-Montreal.
La Legge è innovativa perché per la prima volta non disciplina solo la protezione delle aree naturali più importanti, ma introduce norme per ripristinare la natura dove è già degradata. Il regolamento stabilisce obiettivi e obblighi specifici e giuridicamente vincolanti per il ripristino della natura in determinati ecosistemi, dai terreni agricoli e foreste agli ecosistemi marini, d’acqua dolce e urbani. Il 30 per cento di ogni ecosistema attualmente coperto dalle direttive sugli habitat dovrà essere oggetto di misure di ripristino entro il 2030, il 60 per cento entro il 2040 e il 90 per cento entro il 2050. I paesi dell’UE dovranno garantire che le zone ripristinate non tornino a deteriorarsi in modo significativo. Inoltre, dovranno adottare, entro due anni dall’approvazione della legge, propri piani nazionali di ripristino che indichino nel dettaglio gli strumenti (anche finanziari) e i metodi che intendono mettere in campo per raggiungere gli obiettivi del Regolamento.
Per migliorare la biodiversità negli ecosistemi agricoli i Paesi dell’UE dovranno registrare progressi in due di questi tre indicatori: indice delle farfalle tipiche dei prati e dei pascoli e uccelli tipici delle aree agricole; percentuale di superficie agricola con elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità; aumento dello stock di carbonio organico nei terreni minerali coltivati.
Dovranno anche adottare misure per migliorare l’indice dell’avifauna comune, dato che gli uccelli sono un buon indicatore dello stato di salute generale della biodiversità.
La legge impone anche di registrare una tendenza positiva in diversi indicatori che riguardano gli ecosistemi forestali e di piantare tre miliardi di nuovi alberi.